
Sbagliare senza capire perché: il ruolo delle emozioni e dei comportamenti
Le trasformazioni in atto mettono al centro nuovi bisogni, sia a livello individuale che collettivo. Ne parliamo con Valeria Cantoni
In un'epoca in cui le tecnologie digitali plasmano le nostre opinioni, influenzano le decisioni politiche ed economiche e determinano la qualità delle relazioni interpersonali, diventa sempre più urgente riflettere su quale modello di leadership sia oggi davvero efficace.
Le trasformazioni in atto mettono al centro nuovi bisogni, sia a livello individuale che collettivo: bisogno di ascolto, di consapevolezza, di responsabilizzazione. Ma soprattutto, bisogno di relazioni autentiche, sostenute da una leadership in grado di ispirare e non solo di comandare.
Tecnologia e bias cognitivi: un binomio che sfida la razionalità
L’influenza dei social media sui comportamenti collettivi è ormai documentata da numerosi studi. Gli algoritmi, strutturati per massimizzare l’engagement, tendono ad amplificare le convinzioni preesistenti degli utenti. Questo meccanismo rafforza il bias di conferma e porta alla creazione di "bolle informative", in cui le opinioni divergenti vengono escluse o screditate. Ne consegue una polarizzazione delle posizioni che riduce drasticamente la possibilità di dialogo e confronto.
In ambito politico ed economico, questo fenomeno ha già mostrato i suoi effetti: leader carismatici e autoritari riescono a catalizzare consenso attraverso messaggi semplici e rassicuranti, spesso basati più sull’emotività che sull’analisi razionale. E se la razionalità è un'aspirazione difficile da mantenere, la consapevolezza dei propri limiti cognitivi e delle emozioni che influenzano il processo decisionale può fare la differenza.
Il ritorno delle leadership autoritarie e la sfida del benessere organizzativo
In tempi di crisi e incertezza, si assiste spesso a un ritorno di forme di leadership autoritarie: figure che promettono soluzioni immediate, riducono la complessità e si propongono come “salvatori”. Ma questo tipo di guida, oltre a infantilizzare i collaboratori, mina la crescita dell’organizzazione stessa. Quando le persone vengono private della possibilità di partecipare, di esprimere dubbi o visioni alternative, si spegne il motore principale dell’innovazione: il pensiero critico.
Al contrario, le realtà aziendali che investono sulla leadership relazionale e trasformativa stanno già sperimentando un cambio di paradigma. Leader capaci di ascoltare, valorizzare talenti e passioni, condividere obiettivi e responsabilità riescono a costruire contesti di lavoro più resilienti e produttivi. È in questa direzione che si colloca la cosiddetta leadership di cura: un modello che promuove la responsabilità individuale e collettiva, attraverso una cultura della fiducia e del dialogo.
L’importanza dell’educazione emotiva e del dialogo nelle organizzazioni
Molte crisi, anche finanziarie, affondano le radici in dinamiche emotive mal gestite. La paura, ad esempio, può innescare vendite irrazionali o scelte impulsive. Per questo, ancor prima dell’educazione economico-finanziaria, è essenziale promuovere competenze emotive: la capacità di riconoscere, regolare e comunicare le emozioni in modo consapevole.
Parallelamente, è necessario allenare al dialogo autentico. Un dialogo in cui il confronto non è un’arena per dimostrare di avere ragione, ma uno spazio per moltiplicare i punti di vista, ampliare la comprensione e favorire una collaborazione reale. Questa abilità è particolarmente preziosa in contesti organizzativi complessi, dove il contributo di ogni persona può diventare leva di cambiamento e innovazione.
Conclusione: verso una leadership consapevole e plurale
Oggi più che mai serve una leadership che non tema il dissenso, che sappia valorizzare la diversità di opinioni e che metta al centro la relazione umana come fondamento della costruzione sociale, economica e culturale. Questo significa abbandonare la logica dell’imposizione e abbracciare quella della responsabilizzazione condivisa: ogni scelta, ogni parola, ogni omissione ha un impatto. Comprendere questo è il primo passo per trasformare le organizzazioni — e forse la società — in ambienti più inclusivi, equi e lungimiranti.
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