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Donne manager: crescita, sfide e opportunità della leadership femminile nel terziario

Negli ultimi anni, la figura della donna manager ha assunto un ruolo sempre più rilevante nel contesto economico italiano. Ne parliamo con la coordinatrice Donne Manager Manageritalia Luisa Quarta



L’incremento costante della presenza femminile nel management del settore privato segnala un cambiamento strutturale nelle dinamiche occupazionali e culturali. Tuttavia, la parità di genere resta un traguardo ancora lontano. Questo articolo analizza i dati più recenti, le tendenze generazionali e le sfide normative e culturali che influenzano il percorso professionale delle donne nel management, proponendo una riflessione sulle leve di cambiamento attuali e future.


La crescita delle donne manager in Italia: un trend positivo, ma ancora parziale

Secondo l’ultimo report annuale dedicato alla leadership femminile nel settore terziario, le donne rappresentano oggi circa il 22% del totale dei dirigenti privati in Italia. Un dato che, pur rimanendo inferiore rispetto agli uomini, evidenzia una crescita significativa del +5,1% rispetto all’anno precedente, a fronte di un +2,6% tra gli uomini. Dal 2008, l’incremento complessivo delle donne dirigenti è stato del +101%: un segnale incoraggiante che testimonia un cambiamento lento ma costante.


Una delle tendenze più rilevanti riguarda l’incidenza della leadership femminile nelle fasce più giovani: sotto i 40 anni, le donne rappresentano il 31% dei dirigenti, mentre sotto i 35 anni la quota sale al 39%. Questo suggerisce una crescente apertura delle nuove generazioni verso una leadership più equilibrata e inclusiva.


Il ruolo del settore terziario e l’impatto delle politiche generazionali

Il settore terziario, in particolare, si distingue per una maggiore inclusività, con una percentuale femminile superiore al 26%. Questo può essere attribuito a una combinazione di fattori, tra cui un ricambio generazionale più marcato, una maggiore presenza femminile nei percorsi di studio legati ai servizi, e una cultura aziendale più aperta all’innovazione organizzativa.


Le giovani professioniste italiane, che si distinguono per performance accademiche elevate, stanno progressivamente accedendo a ruoli dirigenziali. Tuttavia, la carriera femminile continua a scontrarsi con barriere sistemiche: dalla mancanza di politiche di supporto alla genitorialità, alla disomogeneità delle opportunità di crescita professionale.


Confronto europeo e modelli virtuosi: Francia e Spagna

In Europa, alcuni Paesi offrono modelli avanzati di inclusione lavorativa e sostegno alla genitorialità. La Francia, ad esempio, ha sviluppato politiche strutturate per conciliare famiglia e lavoro, mentre la Spagna si distingue per l’introduzione della paternità obbligatoria equiparata alla maternità, favorendo una più equa distribuzione dei carichi familiari.

Questi interventi normativi non solo favoriscono l’equilibrio vita-lavoro, ma contribuiscono a rimuovere uno dei principali ostacoli alla carriera femminile: la percezione della maternità come fattore penalizzante.


Il valore aggiunto della leadership femminile nelle imprese

In un contesto globale segnato da instabilità geopolitica e cambiamento tecnologico, le aziende hanno bisogno di leadership resilienti, capaci di gestire la complessità e valorizzare il capitale umano. Le donne manager, in questo scenario, portano un approccio orientato alla collaborazione, alla flessibilità e alla sostenibilità.

Promuovere la managerialità femminile significa dunque puntare sul merito e sulla diversificazione delle competenze nei processi decisionali. Un cambiamento culturale che non riguarda solo le donne, ma anche gli uomini. Secondo recenti indagini, l’85% dei manager uomini desidera un’estensione della paternità obbligatoria, segnale di un mutamento nei modelli di ruolo e nelle aspettative familiari.


Conclusione: dalla diversità all'inclusione strategica

Il rafforzamento della presenza femminile nei ruoli apicali non può più essere considerato un obiettivo simbolico, ma una scelta strategica per la competitività del Paese. Non si tratta di una battaglia tra generi, ma di una necessità economica e sociale: l’Italia non può permettersi di lasciare inutilizzata metà della propria forza lavoro qualificata.

Per raggiungere una reale parità, è essenziale un impegno condiviso: dalle istituzioni alle imprese, passando per il mondo accademico e formativo. Solo così sarà possibile garantire alle nuove generazioni un futuro professionale equo, dinamico e pienamente rappresentativo della società in cui viviamo.


Guarda l'intervista completa su FinanceTV oppure ascolta il Podcast Finance Talks - Le Voci dell'Economia

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